di Giovanni De Mari

Negli ultimi tempi ho partecipato a due eventi che trattava­no argomenti diversi e pertanto apparentemente privi di qualsiasi connessione o punto di contatto.

Il primo: la presentazione di un saggio dal titolo “Ripensiamo lo sta­to socialein cui il Prof. Giulio Pro­speretti , emerito Giudice della Cor­te Costituzionale, ha sostenuto la tesi di perseguire la crescita e lo svi­luppo attraverso una nuova visione del welfare moderno come richiesta dalla civiltà post -industriale .

Il secondo: più recentemente , il 21 aprile u.s., in piena emergenza Covid , ho partecipato ad una vi­deoconferenza su un tema a me più caro e noto che si proponeva di illustrare le enormi potenzialità degli Interporti e di individuare i motivi che non ne hanno permesso il decollo.

Lemergenza Covid , anche per coloro che hanno potuto conti­nuare a lavorare , ha consentito rit­mi meno frenetici , propiziatori di meditazioni e riflessioni che hanno permesso di individuare nella crescita e nello sviluppo un obiettivo comune da perseguire.

Non si ha la pretesa di indicare soluzioni, ma il dibattito politico sviluppatosi sulle reti televisive , nei giorni di libertà condizionata , ha fatto accrescere la consapevo­lezza che viviamo unepoca priva di ideali ed in cui la tradizionale schematizzazione destra e sinistra spesso diventa uno strumento di lotta  politica  non  sempre  attenta a perseguire il bene della collettività e la  difesa della dignità umana, la cui  forma più nobile e  tangibile  è la garanzia del lavoro.

Esistono tuttavia settori di inte­resse , collettivo e sociale che qualsiasi persona di buon senso, dotata di ideali ed onestà intellet­ tuale, dovrebbe tentare di condividere in un confronto aperto, leale e corretto per realizzare un nuo­vo progetto volto alla crescita ed allo sviluppo del sistema Italia ed è in questa ottica che scaturiscono alcune riflessioni. La massa enorme di liquidità che speriamo affluisca dallUnione Europea non dovrebbe essere dispersa in interventi a piog­gia, ma deve essere utilizzata per sostenere riforme strutturali, tra le quali quella fiscale: la scommessa da vincere è la riduzione delle imposte “in deficit” a favore di impre­se e lavoratori ed il recupero del gettito negli anni successivi con la riduzione dellevasione e la emersio­ne del nero. Fra i provvedimenti urgenti  enunciati  viene  indicata  la semplificazione, ascrivendo alla burocrazia la responsabilità di ri­tardo della crescita e dello sviluppo e la perdita  di una  percentua­le rilevante del prodotto interno lordo. Ritengo che gli Ordini professionali, in virtù del principio della sussidiarietà enunciata qualche anno fa ma mai  avviata , abbiano la possibilità di intervenire per proporre soluzioni e rimedi.

Non vorremmo  che  questi prov­vedimenti risultassero unaltra affermazione di principio, tenendo pre­sente che il fenomeno della burocrazia non può essere riferito ad un “burocrate “, ma ci induca a riflettere:  la  burocrazia  non  è  legata al­luomo ma è un fenomeno cultura­le che va rimosso in un ordinamento giuridico da riformare che non preveda   tavoli   tecnici,  commissioni straordinarie , task force , conferenze Stato /Regioni.

Il Prof. Giulio Prosperetti, nel suo saggio sostiene l’esigenza di ripen­sare culturalmente e giuridicamen­te il sistema di Welfare ed i suoi strumenti per porre rimedi agli effetti causati dalla globalizzazione in uno scenario connotato da forte dumping sociale, esprimendo la ineludi­bile necessità di rivedere i criteri di finanziamento del sistema previdenziale nella società post-industriale.

L’ autore  propone  di  sostituire l’ attuale assetto della tutela del “non lavoro “, alias disoccupazione e cassa integrazione, con misure atte a sostenere il lavoro, affermando che anziché dare  contri­buti in qualsiasi forma a chi ha perso il posto di lavoro , occorrerebbe fare in modo che  vengano  create le condizioni perché il posto di lavoro venga preservato.

E’ necessario creare strutture so­cio-assistenziali adeguate per i lavo­ratori e le loro famiglie – quali asili nido , mense scolastiche, schoolbus… – e prevedere una sensibile riduzione di imposte e contributi previdenziali per il lavoro dipendente.

Un obiettivo che potremmo con­ seguire nella “Fase 2” dell’emergenza Covid ricorrendo anche alle potenzialità offerte dalla Zona Econo­ mica Speciale (ZES).

La ZES rappresenta uno strumen­to, ampiamente utilizzato a livello internazionale , che prevede la concessione di benefici di diversa natura alle imprese che si insediano fisicamente all’interno di una determinata area. Sviluppate inizialmente come tentativo di rilanciare aree territoriali depresse o svantaggiate, le ZES sono ormai diventate parte integrante del sistema commerciale globale.

Le ZES sono state introdotte nell’ ordinamento giuridico italiano dal decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita  economica nel Mezzogiorno, convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 2017, n. 123 e in seguito modificato ulteriormente dal cosiddetto DL Semplificazioni (decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla Legge 12 febbraio 2019, n.12).

Tale decreto prevede la possibilità di istituire Zone Economiche Speciali in prossimità delle aree portuali e retroportuali del Mezzogiorno, prevedendo una serie di benefici in termini di credito d’imposta, di semplificazione amministrativa e snellimento degli oneri burocratici, in particolar modo per quanto riguarda le operazioni doganali, applicabili alle imprese che vanno ad insediarvisi.

La proposta delle ZES italiane nasce quindi come misura straordinaria (in virtù sia della portata, sia della durata temporanea) per aumentare I’ attrattività di quelle aree portuali e industriali che assumono rilevanza strategica.

Dal punto di vista doganale le procedure sono state già previste dal Codice doganale dell’ Unione e dalla legislazione nazionale: penso soprattutto al “deposito Iva” dal punto di vista strettamente fiscale.

E’ opportuno ora realizzare quelle misure che l’emergenza Covid-19 ci impone: non interventi a cascata né  contributi a fondo perduto che rischierebbero di essere dirottati verso soggetti diversi da quelli individuati nei provvedimenti, “detassazione” e “decontribuzione”; insomma avviare una riforma fiscale “in deficit”, auspicando che crescita, occupazione e sviluppo ed anche recupero dell’ evasione, ci permettano in un futuro auspicabilmente breve il recupero del deficit creato in questa fase emergenziale.

Occorre quindi coniugare la “Zona franca”, istituto doganale che nella forma ammessa dal codice è assimilabile ad un grande “deposito doganale”, gestita all’organismo preposto, con l’Area franca di vecchia maniera, non sempre utilizzata, allargata ora alle aree portuali. La Campania ha una offerta logistica non utilizzata per una serie di motivi la cui enunciazione dettagliata richiederebbe la programmazione di un evento specifico.

Ci piacerebbe tanto creare una rete di ZES che abbracci in un unico progetto tutto il Paese, con particolare riferimento al meridione.

Gli interporti possono sicuramente costituire un serbatoio che permetta di decongestionare i porti (nel nostro caso Napoli e Salerno), ridurre itempi ed i costi delle varie formalità doganali e sanitarie, connesse alla movimentazione delle merci.

Dal punto di vista doganale, ci sono tutti gli strumenti per trasferire i contenitori dai porti (Napoli/Salerno e altri) agli Interporti di Marcianise e Nola. L’iniziale progetto dei corridoi doganali è in fase di evoluzione. Alla luce delle possibilità introdotte nel nuovo codice dell’Unione doganale, le merci possono essere trasferite da un “recinto di temporanea custodia” ad un altro mediante I’ attivazione di una procedura di dialogo telematico tra i due gestori.

L’utilizzazione di questa procedura richiede automatismi e modalità che non sempre vengono considerate e la denominazione dell’istituto “corridoi doganali”, ci induce erroneamente a pensare solo agli aspetti procedurali e formali dell’istituto.

In effetti i problemi sono di diversa natura, quali il transit/time, le spese di trasferimento, le responsabilità vettoriali. L’ideale sarebbe l’emissione di “bili of lading” con “Piace of final destination”: lnterporto e Porto di sbarco Napoli/Salerno o altri porti.

In questo modo si risolverebbero i problemi di natura commerciale e quelli relativi alle responsabilità vettoriali ed inoltre si ridurrebbe il transit/time.

Resta tuttavia un aspetto da considerare, che costituisce, a mio parere, il virus che ha sempre soffocato la logistica in Italia. Mi riferisco alla burocrazia ed alla segmentazione delle competenze fra una ventina di organi di controllo che penalizza il “sistema Paese” in termini di perdita di gettito e distorsione di traffici verso i paesi del Nord/Europa che con animo mercantile si sono organizzati per accogliere i traffici facendoli poi defluire verso i Paesi di destinazione, tra i quali l’Italia.

Più volte abbiamo sottolineato il fenomeno: purtroppo la situazione ad oggi . non è cambiata nonostante il Parlamento, l’Agenzia delle Dogane e gli operatori  abbiano più volte tentato di porre rimedio a questo fenomeno che produce una perdita che abbiamo quantificato in circa l .000.000 di posti di  lavoro, occupati in piattaforme logistiche create in Olanda e Germania.

Mi riferisco al S.U.D. (Sportello Unico Doganale) che ha avuto una gestazione lunghissima per una serie di interferenze ed ostacoli frapposte da soggetti ed  organismi che mal tolleravano una “regia doganale” negli scambi delle merci, facendo prevalere interessi corporativi a quelli del “sistema Paese”.

A parte alcuni politici particolar mente sensibili alle sollecitazioni degli operatori del settore logistico, l’indifferenza verso la piena e completa attuazione del S.U.D., ha provocato l’ulteriore procrastinazione dell’ utilizzo di tale strumento, rendendo necessario il ricorso ad un altro provvedimento, il Dlgs 169/2016 che all’art.  20,ancora in attesa di approvazione, che ne ha cambiato la denominazione in “SU.DO.CO. (sportello unico doganale e dei controlli).

Il riferimento alla “burocrazia” è inteso nel senso che uno strumento regolato da un Regolamento dell’ Unione Europea e che, come tale, dovrebbe essere direttamente applicabile nei Paesi membri, per alcune questioni strumentalmente sollecitate, abbia bisogno in Italia di un’ulteriore passaggio a livello  nazionale e che poi preveda il concerto Stato/Regioni per la sua attuazione concreta. 

In tal modo non vengono attuate misure e interventi, tra l’altro già programmati da tempo, vitali ed imprescindibili per incrementare i tempi e l’efficacia del processo di sdoganamento.

Occorre tuttavia ricordare che le merci sono soggette a controlli sia tributari che extra-tributari non sempre di competenza delle sole dogane.
Tra questi ultimi assumono una rilevante importanza i controlli sanitari, fitosanitari e veterinari, la cui competenza è attribuita ad altre amministrazioni.
I controlli sanitari, in particolare, considerata la vasta gamma dei prodotti da controllare ed il loro obiettivo primario, che è quello della tutela della salute pubblica, hanno una notevole incidenza sui tempi dello sdoganamento. 

Con il Regolamento n. 625/2017 sono state disciplinate in maniera orizzontale i controlli ufficiali dei prodotti e le altre attività ufficiali per garantire l’applicazione della normativa su alcuni prodotti rientranti nei settori elencati nell’articolo 1 del regolamento:

a) alimenti e sicurezza alimentare, integrità e salubrità, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare gli interessi e l’informazione dei consumatori, la fabbricazione e l’uso di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con alimenti;

b) emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM) a fini di produzione di alimenti e mangimi;

c) mangimi e sicurezza dei mangimi in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell’uso di mangimi, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare la salute, gli interessi e l’informazione dei consumatori;

d) prescrizioni in materia di salute animale;

e) prevenzione e la riduzione al minimo dei rischi sanitari per l’uomo e per gli animali derivanti da sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati;

f) prescrizioni in materia di benessere degli animali;

g) misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante;

h) prescrizioni per l’immissione in commercio e l’uso di prodotti fitosanitari e l’utilizzo sostenibile dei pesticidi, ad eccezione dell’attrezzatura per l’applicazione di pesticidi;

i) produzione biologica e etichettatura dei prodotti biologici;

j) uso e l’etichettatura delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite.

Il Ministero della Salute per una serie di motivazioni, tra le quali la ripartizione delle competenze tra più strutture, quali gli USMAF (Ufficio di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera), gli USVAC (Uffici Veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari) e le ASL, ha scelto di effettuare ai punti di arrivo delle merci (Porti ed Aeroporti),controlli sistematici anche su merci che non presentano alcun rischio di contaminazione e di contagio; controlli che in alternativa sarebbero potuti essere effettuati in altre strutture all’interno del territorio (depositi doganali, recinti di temporanea custodia, dogane interne).

Si sperava che con l’entrata in vigore del Regolamento 625/20 17, prevista il 14 dicembre 2019, venisse modificato questo indirizzo e si indicassero le merci da controllare al punto di introduzione nelle strutture denominate “posti di controllo frontaliero” – PCF- e quali all’interno con procedure e tempi più agevoli.

A tal fine, se proprio necessario, la disciplina unionale prevede i Centri di Ispezione.
Purtroppo l’emergenza COVID-19 ha ritardato ogni decisione a riguardo: è dunque necessario intervenire per monitorare tempi e modalità. Su questo tema il discorso è ampio ma non mi voglio dilungare in tecnicismi che magari tratteremo in eventi programmati. In estrema sintesi, per fare arrivare le merci agli Interporti con le procedure doganali disponibili, è necessario un cambio culturale, la soluzione delle questioni commerciali poste, ma innanzitutto occorre rimuovere le incrostazioni burocratiche che finora hanno rallentato il flusso delle merci provocando fenomeni di distorsione verso altri paesi dell’UE.

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