Con la circolare 21/D del 30 novembre 2012, l’Agenzia delle Dogane fornisce indicazioni relative al computo nel valore in dogana dei corrispettivi e dei diritti di licenza. La materia in questione è disciplinata, oltre che dal Regolamento (CE) n.2913/1992 (CDC) e del Regolamento (CE) n.2454/1993 (DAC), dagli orientamenti della Commissione contenuti nella “Raccolta dei testi approvati dal Comitato del Codice doganale – Sezione Valore in dogana”, di cui al Documento TAXUD 800/2002, nella versione aggiornata del 2007, documento non avente tuttavia valore giuridicamente vincolante.

L’attuale realtà dei mercati internazionali impone ora una rinnovata attenzione alla gestione dei corrispettivi e dei diritti di licenza quale elemento del valore dichiarato in dogana, sia al fine di assicurare l’esatta riscossione dei diritti doganali (in primo luogo, le risorse proprie) sia per evitare possibili distorsioni dei traffici, eventualmente favoriti dall’assenza di procedure nazionali uniformi e conformi alle regole europee.

La finalità della circolare in commento è quella di assicurare che, nell’ambito delle rispettive competenze, le Strutture dell’Agenzia perseguano un comune indirizzo nella valutazione dei suddetti elementi ai fini della loro inclusione, o meno, nel valore delle merci dichiarate all’importazione.

Innanzitutto la circolare chiarisce che il termine “proprietà intellettuale” indica l’insieme dei principi giuridici che tutelano i beni immateriali, frutto dell’attività creativa/inventiva umana (opere artistiche e letterarie, invenzioni industriali e modelli di utilità, design, marchi), i quali vanno assumendo oggi una rilevanza economica sempre maggiore. Al concetto di proprietà intellettuale fanno capo le tre grandi aree del diritto d’autore, del diritto dei brevetti e del diritto dei marchi.

Una componente sempre più significativa del volume degli scambi internazionali di merci riguarda prodotti che sono o contengono elementi tutelati dalla proprietà intellettuale.

Pertanto, per l’utilizzo legittimo di una merce della specie suddetta, l’acquirente/importatore deve concludere con il titolare del diritto tutelato uno specifico accordo commerciale, detto “licence agreement” (accordo di licenza).

Nel contratto (o accordo) di licenza, il titolare (licenziante o licensor) di uno o più diritti immateriali (brevetto, know how, marchio, diritto d’autore o altri diritti di proprietà industriale o intellettuale, indicati anche come licensed properties o semplicemente properties) concede in licenza il diritto di utilizzare e/o sfruttare la propria privativa sul bene immateriale ad un altro soggetto (licenziatario o licensee) che si impegna a pagare dei corrispettivi o diritti di licenza (nella dizione anglosassone, royalties).

Una definizione specifica di “diritti di licenza” è fornita dall’art. 12 par. 2 del Modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio del 1977, ai sensi del quale con tale termine si indicano “i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o procedimenti segreti, nonché per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche; o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico”.

In linea generale, la determinazione del valore in dogana delle merci dichiarate per l’importazione è disciplinata dagli artt. 28-36 del CDC e dagli artt. 141-181 bis delle DAC (nonché dagli Allegati da 23 a 29 di quest’ultime).

Le disposizioni riguardanti, in particolare, l’incidenza dei corrispettivi e dei diritti di licenza sul valore in dogana sono l’articolo 32, par. 1, lett. c), CDC; gli articoli da 157 a 162 delle DAC e l’Allegato 23 delle DAC (Note interpretative all’art. 32 par. 1, lett. c) del CDC.

Con particolare riguardo al tema in oggetto, occorre innanzitutto considerare l’art. 29 del CDC, secondo il quale il valore in dogana delle merci è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunità, previa eventuale rettifica effettuata conformemente agli articoli 32 e 33 … .

Il successivo art. 32, par. 1, lett. c), stabilisce che, per determinare il valore in dogana ai sensi del suddetto art. 29, si addizionano al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi o diritti di licenza non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare … .

Una definizione di “corrispettivi e diritti di licenza” è contenuta nell’art. 157, par. 1, delle DAC, il quale dispone che ai fini dell’art. 32, par.1 lett. c) del codice, per corrispettivi e diritti di licenza si intende, in particolare, il pagamento per l’uso dei diritti inerenti:

la fabbricazione delle merci importate (in particolare brevetti, progetti, modelli e “know how”4 per la fabbricazione);

la vendita per l’esportazione della merce importata (in particolare marchi commerciali o di fabbrica e modelli depositati);

l’impiego e la rivendita delle merci importate (in particolare diritti d’autore e procedimento di produzione incorporati in modo inscindibile nelle merci importate) .

Secondo la definizione di cui al doc. TAXUD/2002 – Commento n. 3 – il know how è da intendersi come “formule, ricette, istruzioni sul modo di usare il prodotto oggetto di licenza”. Se il corrispettivo, però, è relativo alle spese di formazione del personale del licenziatario (assistenza tecnica nei settori del management, contabilità, uso dei macchinari – come nel franchising), allora non è da includere nel valore in dogana.

Quanto sopra trova ulteriore conferma in ciò che viene detto nell’Allegato 23 delle DAC (Note interpretative all’art. 32 par. 1, lett. c) del CDC), in base al quale i corrispettivi e i diritti di licenza di cui all’art.32, par. 1, lett. c), possono comprendere tra l’altro i pagamenti effettuati per brevetti, marchi di fabbrica o di commercio e diritti di autore.

Il citato art. 157 aggiunge inoltre, al paragrafo 2, che quando si determina il valore in dogana di merci importate in conformità delle disposizioni dell’articolo 29 del codice si deve aggiungere un corrispettivo o un diritto di licenza al prezzo effettivamente pagato o pagabile soltanto se tale pagamento:

si riferisce alle merci oggetto della valutazione, e

costituisce una condizione di vendita delle merci in causa .

Fermo restando che le royalties devono essere versate dal compratore, laddove non siano già incluse nel prezzo effettivamente pagato o da pagare, ai sensi del combinato disposto dell’art. 32 del CDC e dell’art.157, par. 2, delle DAC, i corrispettivi ed i diritti di licenza entrano pertanto a far parte del valore in dogana delle merci (e come tali si sommano al prezzo effettivamente pagato o da pagare per l’importazione delle stesse) se ricorrono le seguenti ulteriori due condizioni.

La prima è il riferimento del pagamento dei suddetti diritti alle merci oggetto di valutazione. Ciò significa che vi deve essere assoluta identità tra le merci importate (incluse, ai sensi del successivo art. 158 delle DAC, le merci importate non assiemate o soggette, nel territorio comunitario, solo a lavorazioni secondarie, quali, ad esempio, diluizione od imballaggio prima di essere rivendute) ed i prodotti per i quali i diritti sono dovuti.

La seconda è costituita dal pagamento di tali diritti, da parte dell’importatore, quale condizione di vendita della merce; al riguardo, pur in mancanza di una definizione espressa da parte del legislatore europeo, può ritenersi che la stessa consista, in termini generali, nell’assenza, per il venditore estero, della disponibilità a vendere i propri prodotti senza il pagamento del diritto di licenza (da considerare, quest’ultimo, elemento essenziale della transazione tra compratore e venditore/fornitore estero della merce).

È utile porre in evidenza come l’art. 162 delle DAC chiarisca in merito che ai fini dell’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice, è irrilevante il paese di residenza del beneficiario del pagamento del corrispettivo o del diritto di licenza.

L’art. 159 delle DAC specifica ulteriormente quanto indicato dal precedente art. 157, par. 1, secondo alinea, con particolare riguardo alle fattispecie relative al diritto di utilizzare un marchio commerciale o di fabbrica (da tenere distinti dagli altri diritti di proprietà intellettuale quali brevetti, progetti, modelli e “know how” per la fabbricazione, modelli depositati, diritti d’autore e procedimenti di produzione incorporati nelle merci).

Il suddetto art. 159 stabilisce che al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate va aggiunto un corrispettivo o diritto di licenza relativo al diritto di utilizzare un marchio commerciale o di fabbrica al ricorrere contestualmente delle seguenti tre condizioni:

il corrispettivo o il diritto di licenza si riferisce a merci rivendute tal quali o formanti oggetto unicamente di lavorazioni secondarie successivamente all’importazione,

le merci sono commercializzate con il marchio di fabbrica, apposto prima o dopo l’importazione, per il quale si paga il corrispettivo o diritto di licenza, e

l’acquirente non è libero di ottenere tali merci da altri fornitori non legati al venditore.

Relativamente alla valutazione delle royalties come condizione della vendita” delle merci per la loro inclusione nel valore in dogana delle merci importate, utili elementi di riferimento sono contenuti nel Commento n. 3 del doc. TAXUD 800/2002, rev. 2007 (par.12 e par.13), dal quale si evince che la questione da risolvere prioritariamente è di verificare se il venditore è disposto a vendere le merci senza che siano pagati un corrispettivo o un diritto di licenza. La condizione può essere esplicita o implicita.

Le royalties possono essere una condizione esplicita della vendita nell’ipotesi in cui venga specificato nell’accordo di licenza se la vendita delle merci importate sia subordinata o meno al pagamento di un corrispettivo o di un diritto di licenza. Il suddetto Commento n. 3 afferma che ciò accade nella maggior parte dei casi ma precisa che non è essenziale che questo sia così specificato.

Le royalties possono essere una condizione implicita della vendita, come nel caso in cui le merci vengono acquistate da una persona ed il corrispettivo oppure il diritto di licenza viene pagato ad un’altra. Il suddetto Commento n. 3 precisa che il pagamento può essere considerato nondimeno una condizione di vendita delle merci a determinate condizioni (si confronti al riguardo l’articolo 160 delle DAC). In tale ipotesi, determinati fattori potrebbero essere presi in considerazione per stabilire se il pagamento della licenza sia una condizione di vendita, quali ad esempio:

a. il contratto di licenza prevede come causa di risoluzione del contratto di vendita esistente tra venditore ed acquirente il mancato pagamento delle royalties al licenziante da parte dell’acquirente;

b. il contratto di licenza prevede che se il canone o costo di licenza non viene pagato, al produttore è vietato produrre e vendere all’importatore i beni che incorporano la proprietà intellettuale del licenziante;

c. il contratto di licenza contiene clausole che consentano al licenziante di controllare la produzione e/o la vendita tra produttore ed importatore.

L’ipotesi in cui le parti del contratto di compravendita delle merci (venditore-produttore; acquirente-importatore) coincidono con quelle dell’accordo di licenza (licenziante-licenziatario) configura la fattispecie dello “scenario a due parti”. Risulta evidente che, in questa ipotesi, il pagamento delle royalties costituisce una condizione della vendita e quindi va incluso nel valore in dogana dal momento che risulta pienamente soddisfatta la condizione che se l’acquirente/licenziatario non paga le royalties, il venditore/licenziante non fornirà i beni.

Più ricorrente nella pratica, è invece il caso in cui il licenziante è un soggetto terzo rispetto alle parti del contratto di compravendita. Nella fattispecie in questione si realizza il cd. “scenario a tre parti”, per cui intercorrono rapporti giuridici distinti, da un lato, tra licenziante e licenziatario, dall’altro tra venditore/esportatore ed acquirente/importatore.

L’ipotesi è disciplinata dall’art. 160 delle DAC, ai sensi del quale qualora l’acquirente paghi un corrispettivo o un diritto di licenza a un terzo, le condizioni previste dall’articolo 157, paragrafo 2, si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento. In termini generali, al fine di valutare se esista o meno il “legame” tra le parti previsto dalle disposizioni in materia di valore in dogana delle merci, l’art. 143 delle DAC elenca le seguenti ipotesi in cui due o più persone sono considerate legate:

a) l’una fa parte della direzione o del consiglio di amministrazione dell’impresa dell’altra e viceversa;

b) hanno la veste giuridica di associati;

c) l’una è il datore di lavoro dell’altra;

d) una persona qualsiasi possegga, controlli o detenga direttamente od indirettamente il 5% o più delle azioni o quote con diritto di voto delle imprese dell’una o dell’altra;

e) l’una controlla direttamente od indirettamente l’altra;

f) l’una e l’altra sono direttamente od indirettamente controllate da una terza persona;

g) appartengono alla stessa famiglia.

L’Allegato 23 delle DAC (Note interpretative in materia di valore in dogana) aggiunge inoltre che vi è “legame” se una persona è in grado di esercitare, di diritto o di fatto, “un potere di costrizione o di orientamento” nei confronti di un’altra.

Al fine della determinazione dell’inclusione delle royalties nel valore in dogana, è quindi imprescindibile definire l’esatta natura del rapporto tra licenziante e compratore, ovvero tra licenziante e produttore terzo e, laddove non ricorrano le ipotesi definite all’art. 143 citato, è altrettanto indispensabile verificare se il primo è in grado di esercitare comunque, di fatto, il concreto ”potere di costrizione e orientamento” di cui al predetto Allegato 23 delle DAC. Tale potere di costrizione e orientamento serve sostanzialmente ad impedire al produttore di vendere le merci se il compratore non paga le royalties.

Oggetto dell’analisi per verificare la sussistenza di tale potere di controllo, ovvero tale legame “indiretto” tra due soggetti che non sono giuridicamente collegati ai sensi dell’art. 143 citato, possono essere:

– l’accordo di licenza tra licenziante e licenziatario, dove sono specificati, tra gli altri, l’oggetto a cui si riferisce la licenza, la natura dei diritti trasferiti ed il “know how” fornito, la responsabilità di chi concede la licenza e di chi acquista ed i metodi di calcolo per il pagamento dei corrispettivi e dei diritti di licenza;

– la fattura di vendita ricevuta dall’importatore, al fine di verificare se l’importo fatturato è da intendere già comprensivo della royalty;

– il contratto di compravendita tra il venditore/esportatore e l’acquirente/importatore, spesso concluso “per facta concludentia”;

– il DV1 allegato alla dichiarazione di importazione;

– ogni altra documentazione amministrativa o commerciale utile od ogni informazione pertinente per addivenire ad una corretta valutazione per l’inclusione o l’esclusione delle royalties nel valore imponibile in dogana.

Per reperire la documentazione suddetta, i funzionari doganali possono avvalersi anche:

– dei poteri conferiti all’Autorità doganale dall’art. 35, comma 35, del D.L. n. 223/06, convertito, con modificazioni, dalla Legge n.248/2006, ai fini del contrasto al fenomeno della sottofatturazione;

– dell’utilizzo dello strumento delle indagini finanziarie, limitatamente alle attività di controllo a posteriori di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990, come previsto dall’art. 9, comma 1, del D.L. n.16/2012, convertito con modificazioni nella Legge n. 44/2012.

Per includere le royalties nel valore in dogana, da tali elementi dovrebbe inferirsi che il licenziante non è disposto, senza il pagamento delle stesse, a fornire le merci (nello scenario a due parti) ovvero che il venditore non è disposto a venderle se l’acquirente non paga un corrispettivo od un diritto di licenza al licenziante (nello scenario a tre parti). Se il contratto di vendita concluso tra il venditore e l’acquirente dovesse tacere al riguardo, nondimeno potrebbero desumersi, dalle clausole contrattuali (o anche dell’accordo di licenza) condizioni di vendita “implicite”, in quanto attribuenti al licenziante un potere di controllo sul produttore o sulla produzione che vada oltre il mero controllo di qualità.

Utili riferimenti (sebbene non aventi natura vincolante) per verificare la sussistenza di controlli di fatto (espliciti od impliciti) sono contenuti nel Commentario 25.1 del 2011 del World Customs Organization (WCO) e nel citato documento della Commissione Europea TAXUD/800/2002, rev. 2007, del quale, in particolare, si evidenzia la natura giuridica di “soft law” e, dunque, di parte costituente dell’ “acquis communautaire”.

Una prima indicazione contenuta nel suddetto Commentario del WCO è che ogni caso deve essere oggetto di un particolare e puntuale esame, avendo riguardo alle circostanze rilevanti.

Secondo il medesimo Commentario WCO, per determinare se il pagamento della royalty o licenza sia una condizione di vendita, possono essere presi in considerazione i seguenti fattori:

– l’esistenza di un riferimento alla royalty o licenza nel contratto di vendita o nei documenti correlati;

– l’esistenza di un riferimento alla vendita di merci nell’accordo di licenza;

– la previsione (nell’accordo di licenza o nel contratto di vendita) della risoluzione del contratto di vendita quale conseguenza di un inadempimento delle clausole contrattuali dell’accordo di licenza a causa del mancato pagamento dei relativi diritti al licenziante da parte dell’acquirente;

– l’inserimento nell’accordo di licenza di una clausola che stabilisca che qualora il corrispettivo non venisse pagato, al produttore sarebbe vietato di produrre e vendere all’importatore i beni che incorporano la proprietà intellettuale del licenziante;

– l’inserimento nell’accordo di licenza di clausole che consentano al licenziante di gestire la produzione o la vendita tra il produttore e l’importatore (vendita per l’esportazione verso il Paese di importazione) al di là del controllo di qualità.

L’altro documento da prendere in considerazione ai fini di una corretta interpretazione delle norme doganali in materia, è il citato TAXUD/800/2002, aggiornato nel 2007, ed in particolare il Commento n.11, il quale elenca una serie di indicatori da valutare per stabilire se esiste un controllo di fatto che possa comportare l’inclusione o meno della royalty nel valore in dogana, quali:

– il licenziante sceglie il produttore e lo impone all’acquirente od esiste un contratto diretto di produzione tra il licenziante ed il venditore;

– il licenziante esercita, direttamente od indirettamente, un controllo di fatto sulla produzione, sulla logistica e sulla consegna delle merci all’acquirente;

– il licenziante decide a chi il produttore può vendere le merci od impone delle restrizioni per quanto concerne i potenziali acquirenti;

– il licenziante fissa le condizioni di prezzo al quale il produttore/venditore vende le proprie merci od il prezzo al quale l’importatore/acquirente rivende le merci;

– il licenziante ha il diritto di esaminare la contabilità del produttore o dell’acquirente;

– il licenziante sceglie i metodi di produzione da utilizzare o fornisce dei modelli ecc…;

– il licenziante sceglie/limita i fornitori dei materiali/componenti;

– il licenziante limita le quantità che il produttore può produrre;

– il licenziante non autorizza l’acquirente a comprare direttamente dal produttore ma attraverso il titolare del marchio (licenziante) che potrebbe agire anche come agente di acquisto dell’importatore;

– il produttore non è autorizzato a produrre prodotti concorrenti (privi di licenza) in assenza del consenso del licenziante;

– le merci fabbricate sono specifiche del licenziante (cioè nella loro concezione/design e con riguardo al marchio di fabbrica);

– le caratteristiche delle merci e la tecnologia utilizzata sono definite dal licenziante.

 

Come precisato dallo stesso Commento n. 11, ciascuno di questi elementi non costituisce di per sé una condizione di vendita; tuttavia una combinazione di questi elementi, che va al di là dei semplici controlli di qualità, dimostra che esiste una relazione nel senso di cui all’art. 143, par.1, lett. e) delle DAC e che quindi il pagamento dei diritti di licenza costituisce una condizione di vendita ai sensi dell’art. 160 delle DAC.

Sempre il Commento n. 11 aggiunge che in alcuni casi, possono esistere anche altri tipi di indicatori. È necessario anche sottolineare che determinati indicatori hanno un peso maggiore e dimostrano con più forza di altri che il licenziante esercita un potere di costrizione o di orientamento sul produttore/venditore e potrebbero pertanto costituire essi stessi una condizione di vendita.

Nulla esclude, quindi, che l’Ufficio doganale possa considerare nella fattispecie oggetto del suo accertamento in materia di valore altri elementi, diversi da quelli sopra elencati, significativi a suo avviso dell’esistenza del potere di “costrizione o di orientamento” di una parte sull’altra, purché conducano a ragionevoli elementi di prova in ordine alla ricorrenza di tale potere di controllo.

Occorre pertanto esaminare caso per caso il peso delle clausole significative (relative alle royalties) sul rapporto tra licenziante, licenziatario e produttore, tenendo presente che l’interesse dei licenzianti consiste anche nella sola tutela del buon nome del marchio e del proprietario del marchio stesso rispetto alla commercializzazione di prodotti di bassa qualità, di scadente fattura, non conformi ai modelli standard, o ancora da rischi di contraffazione, di usurpazione di disegni e know-how e di produzione pericolosa e non autorizzata.

Si ritiene che una particolare attenzione debba essere usata nella valutazione del “controllo di qualità”.

Nella moderna prassi commerciale (ove la percezione commerciale di un prodotto avviene principalmente sulla base del marchio e non tanto sulla base del nome del soggetto importatore o distributore di un determinato prodotto), il controllo di qualità da parte del licenziante è infatti assai diffuso e l’approvazione dei campioni da parte dello stesso, come pure il fatto che il produttore debba realizzare manufatti rispondenti ad elevati standard qualitativi imposti dal proprietario della licenza, appaiono spesso unicamente diretti al controllo della qualità e non implicano necessariamente l’esistenza di un controllo, sia pure indiretto, sui fornitori extracomunitari.

Appare utile segnalare quanto riportato al riguardo dal citato Commento n. 11 del documento TAXUD 800/2002, rev. 2007, il quale, alle Sezioni 2 e 3, esamina gli elementi di fatto riferiti a due diversi casi. In entrambi i casi l’analisi riscontra un “controllo di qualità” da parte del licenziante che tuttavia lo effettua con finalità ben diverse tra di loro.

Nel primo esempio (Sezione 2. Elementi di fatto del caso n.1), la disamina evidenzia i seguenti fattori sintomatici del controllo di qualità:

– controllo della qualità dei modelli preliminari e definitivi di produzione;

– controllo della qualità dei modelli artistici tridimensionali fissati od incorporati al prodotto finito;

– approvazione della confezione e della presentazione;

– approvazione di campioni di prodotti finiti;

– approvazione di qualsiasi modifica al prodotto finito.

Il Documento TAXUD in esame individua inoltre le seguenti ulteriori circostanze:

– la gamma di prodotti non è specifica del concessore di licenza ma è definita dall’acquirente comunitario; 16

– il produttore è scelto dall’acquirente comunitario;

– il produttore non utilizza una tecnologia specifica del concessore di licenza;

– il concessore di licenza non interviene nel processo produttivo;

– il concessore di licenza esercita soltanto un’opzione di approvazione del prodotto finito (quantità, qualità).

Alla luce di quanto sopra, il documento TAXUD riporta il parere del Comitato, secondo il quale i corrispettivi si riferiscono chiaramente alle merci da valutare se queste comprendono rappresentazioni delle immagini o di personaggi coperti da licenza per le quali sono stati pagati ma nel caso di specie le attività che il licenziante è abilitato ad eseguire sono considerate solo verifiche di controllo qualità e, pertanto, non configurano un controllo del licenziante sul produttore.

Nel secondo esempio (Sezione 3. Elementi di fatto del caso n.2) viene esaminato invece il caso in cui le merci importate incorporano il marchio protetto, per il quale sono stati pagati i corrispettivi o i diritti di licenza, e per la cui produzione è richiesto l’utilizzo di una tecnologia particolare di proprietà della licenziataria.

Il parere del Comitato ivi riportato considera la sussistenza delle seguenti circostanze, in conformità all’accordo di licenza e agli altri contratti tra le parti, quale evidente prova del “legame” tra licenziante e produttore:

– la clausola che attribuisce al licenziante il potere di nominare i fornitori delle materie prime impiegate nella produzione delle merci importate;

– la clausola da cui si evince che la merce dovrebbe essere prodotta solo dalla licenziataria o da altre società designate dalla licenziante;

– il divieto per il produttore (o qualsiasi affiliato o filiale) di fabbricare prodotti competitivi in qualsivoglia relazione d’affari con qualsiasi concorrente della licenziante senza l’espressa approvazione preventiva, per iscritto, della licenziante;

– la clausola che impone che i prezzi applicati dal produttore non saranno meno favorevoli dei prezzi applicati a prodotti equivalenti nei confronti di qualsiasi altra persona per la quale il produttore fabbrica prodotti paragonabili;

– il fatto che il produttore è autorizzato a produrre solo la quantità esatta indicata nell’ordine di acquisto specifico emesso dalla licenziataria o dalle società designate dalla licenziante e la considerazione della produzione in eccesso delle quantità ordinate, espressamente proibita, quale contraffazione;

– il divieto imposto al produttore di produrre o fornire prodotti o merci che utilizzano informazioni riservate o recano uno dei marchi di fabbrica o di commercio utilizzati a clienti diversi dalla licenziataria o da altre società designate dalla licenziante;

– il diritto della licenziante di esaminare la contabilità del produttore.

Nel medesimo parere, il Comitato ritiene che la combinazione dei suddetti indicatori dimostra che il licenziante esercita perlomeno un controllo indiretto sul produttore e che questi indicatori vanno al di là delle verifiche di controllo della qualità, concludendo che le condizioni previste da citati art. 32, par.1, lett.c) del CDC e artt. 157 e 160 delle DAC sono soddisfatte. Tuttavia, il Comitato aggiunge che poiché si tratta, nel caso di specie, di marchi di fabbrica o di commercio, per stabilire se i corrispettivi devono essere inclusi nel valore in dogana occorre anche verificare se sono soddisfatte le condizioni dell’art. 159 delle DAC. Per l’Agenzia delle Dogane esulano dal “mero controllo” di qualità anche altri poteri, spesso previsti da talune clausole dell’accordo di licenza, quali:

– il potere di controllare nel corso della lavorazione l’adeguatezza della programmazione della produzione e degli ordini di acquisto dei materiali;

– il potere di inibire al licenziatario (od al suo incaricato) qualsiasi forma di commercializzazione, distribuzione o vendita senza aver ricevuto la preventiva approvazione da parte del licenziante;

– il potere di subordinare l’appalto, il subappalto, la concessione, la subconcessione, la delega, la subdelega a terzi della fabbricazione dei prodotti licenziati alla previa autorizzazione scritta del licenziante;

– il potere di subordinare la vendita della merce alla approvazione scritta del licenziante di tutto l’Artwork, gli articoli, i comunicati stampa ed i materiali in ciascuna fase del loro sviluppo e della loro produzione nonché i campioni di pre-produzione;

– il potere del licenziante di imporre il “design” degli articoli da importare.

In tali casi è infatti ragionevolmente presumibile la sussistenza di un controllo di fatto del licenziante sul produttore che gli consenta di imporre condizioni contrattuali che eccedono le normali condizioni commerciali.

Al fine della valutazione dell’inclusione della royalty nel valore in dogana delle merci, è ritenuto utile anche l’esame dei codici di condotta o deontologici per i fabbricanti/licenziatari e degli accordi con i fabbricanti, i quali molto spesso vengono allegati e/o richiamati dagli accordi di licenza. Questi codici di condotta o deontologici sono generalmente utilizzati in aderenza ai principi promossi da Organizzazioni internazionali come l’OCSE e l’ONU (ed Agenzie come l’ILO) in modo da tutelare il marchio da perdite di immagine connesse alla pericolosità del prodotto, alla nocività ambientale od a modalità socialmente riprovevoli di produzione (legate ai diritti dei lavoratori e dell’infanzia). Gli stessi documenti potrebbero talvolta contenere clausole volte al controllo della produzione e/o del produttore e quindi esseri capaci, sempre in combinazione con altri validi indicatori, di rivelare il “potere di costrizione o di orientamento” del licenziante per la scelta di un determinato produttore o fornitore.

A conclusione dell’esposizione sin qui condotta, è utile evidenziare che le disposizioni ed i commentari sopra richiamati quali strumenti di riferimento per la valutazione dei corrispettivi o dei diritti di licenza al fine del calcolo del valore in dogana delle merci in importazione non possono che essere intesi come percorsi logici di tipo gerarchico.

Conseguentemente, ad esempio, in uno “scenario a tre parti” la condizione del “controllo” del licenziante sul fabbricante può essere ritenuta soddisfatta al ricorrere delle ipotesi previste dal citato art. 143 delle DAC in tema di “legame” tra le parti, senza una ulteriore verifica dei requisiti indicati dall’Allegato 23 delle DAC ovvero dal citato documento TAXUD.

L’Agenzia ribadisce infine che la valutazione dei corrispettivi o dei diritti di licenza al fine del calcolo del valore in dogana delle merci in importazione non va condotta in astratto ma, sulla base delle presenti linee-guida, caso per caso, con riguardo alla specificità di ciascuna fattispecie ed a seguito dell’analisi dei singoli contratti di licenza o di ogni altro utile elemento

Allegati: Agenzia Dogane – Crcolari – 21D – 30112012